Faq 13

13) La sussistenza di una forma di collegamento o controllo ai sensi dell’art. 2359 c.c. tra appaltatore e subappaltatore osta all’autorizzazione del subappalto?
In merito si veda specificamente sul subappalto l’art. 119 comma 16 del nuovo Codice (e art. 105, comma 18 del d.lgs. n. 50 del 2016) e, in corso di gara, l’art. 95, comma 1, lett. d) (art. 80, comma 5 lett. m) del d.lgs. n. 50 del 2016).

Risposta
La configurabilità del controllo esterno di una società su di un’altra (quale disciplinata dal primo comma, n. 3, dell’art. 2359 c.c. nella formulazione risultante a seguito della modifica apportata dal D.L.vo n. 127 del 1991 e consistente nella influenza dominante che la controllante esercita sulla controllata in virtù di particolari vincoli contrattuali), postula l’esistenza di determinati rapporti contrattuali la cui costituzione ed il cui perdurare rappresentino la condizione di esistenza e di sopravvivenza della capacità di impresa della società controllata. L’accertamento della esistenza di tali rapporti, così come l’accertamento dell’esistenza di comportamenti nei quali possa ravvisarsi un abuso della posizione di controllo, tale da convertire una situazione di per sé non illecita in una condotta illecita, costituisce indagine di fatto, rimessa, come tale, all’apprezzamento della stazione appaltante.
Com’è noto, nelle gare ad evidenza pubblica gli operatori economici partecipanti prestano una dichiarazione, ormai standardizzata nella prassi, nella quale affermano sostanzialmente di non trovarsi in una delle posizioni di controllo societario di cui all’art. 2359 c.c.
Tale dicitura, pur non sempre richiesta espressamente sotto forma di dichiarazione dalla documentazione d’offerta, risulta naturale conseguenza della formulazione del codice dei contratti pubblici, che prevede ora ex art.95, come allora ex art. 80, comma 5, lett. m) d.lgs. n. 50/2016, tale posizione di controllo societario fra concorrenti, fra i motivi di esclusione dalla gara.
Ai sensi dell’art. 2359 c.c., “Sono considerate società controllate: 1) le società in cui un’altra società dispone della maggioranza dei voti esercitabili nell’assemblea ordinaria; 2) le società in cui un’altra società dispone di voti sufficienti per esercitare un’influenza dominante nell’assemblea ordinaria; 3) le società che sono sotto influenza dominante di un’altra società in virtù di particolari vincoli contrattuali con essa. … Sono considerate collegate le società sulle quali un’altra società esercita un’influenza notevole. L’influenza si presume quando nell’assemblea ordinaria può essere esercitato almeno un quinto dei voti ovvero un decimo se la società ha azioni quotate in mercati regolamentati”. Nelle condizioni appena dette, possono considerarsi società collegate tra loro non solo quelle che subiscono l’influenza di un’altra persona giuridica, ma anche quelle che rispondano ad “un unico centro decisionale”.
La previsione ex art. 80, comma 5, lett. m) del previgente codice era ispirata ad una ratio di sospetto di adulterazione dell’offerta e ad una sorta di presunzione di pericolo di fenomeni di dumping, ove la formulazione della proposta avvenga da parte di due società in rapporto di controllo, poiché l’offerta dell’una può essere concertata e/o di mero supporto a quella dell’altra. La norma, dunque, mirava a garantire una serietà del contenuto economico, tecnico ed amministrativo dell’offerta. Inoltre, la norma mirava ad impedire altresì il crearsi di situazioni di distorsione della concorrenza ed eccessivo accentramento della gara, nonché di situazioni di violazione della segretezza dell’offerta, in realtà già contrattata a monte dagli operatori economici in rapporto di controllo.
L’orientamento assunto dal Consiglio di Stato (Cons. St. V, 10.1.2017, n. 39) offre una lettura ricostruttiva del tema, laddove afferma che “in tema di appalti pubblici, le amministrazioni aggiudicatrici … devono procedere a un progressivo accertamento dal seguente sviluppo istruttorio: a) la sussistenza di situazioni di controllo e collegamento ai sensi dell’art. 2359 c.c.; b) ove tale indagine abbia dato esito negativo, occorre procedere all’ulteriore verifica “sulla base di univoci elementi” se le offerte dei partecipanti alla gara siano “imputabili ad un unico centro decisionale”. Con ciò, il Consiglio aderisce alla posizione che conferisce al giudice amministrativo un potere di valutazione, secondo un criterio sostanzialistico, idoneo ad individuare un unico polo decisionale anche al di fuori dell’ambito dell’art. 2359 c.c., ancorché estensivamente interpretato dalla giurisprudenza civile.
Orbene, visto che la normativa sopra detta mira ad escludere coloro che, rispetto ad un altro partecipante alla medesima procedura di affidamento, si trovino in una situazione di controllo di cui all’articolo 2359 del codice civile – o in una qualsiasi relazione, anche di fatto, se la situazione di controllo o la relazione comporti che le offerte siano imputabili ad “un unico centro decisionale” ex art. 95, lett.d) dell’attuale codice – è agevole comprendere che a valle della procedura di aggiudicazione si guardi con sospetto la medesima situazione di controllo, sub specie di impedimento alla capacità di determinarsi autonomamente in ordine all’affidamento dell’esecuzione di quella parte delle prestazioni oggetto del subappalto che deve avvenire, pur sempre, ai sensi del secondo comma dell’art. 119 dell’attuale codice, “con organizzazione di mezzi e rischi a carico del subappaltatore”.
Di conseguenza, l’apprezzamento discrezionale della SA sarà specularmente strumentale al rilascio o meno dell’autorizzazione di cui al comma 4, come traspare in tutta evidenza dal terzo periodo del comma 16 dell’art. 119 del nuovo codice.

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