6. Conclusioni

Quanto detto induce l’interprete ad usare il rasoio di Occam per risolvere la questione del rapporto fra “soft law” di matrice internazionale e comunitaria e diritto nazionale, eliminando ogni ragione di supposta quanto superflua contrapposizione (se non addirittura conflitto) tra ordinamenti costituzionali e preferendo ipotizzare una proficua osmosi ordinamentale.
La “soft law”, con il suo legame organico con la governance, con l’economia sociale di mercato[31], con la sua innata indifferenza per le forme, è espressione di una prospettiva moderna, lontana dalle forme tradizionali del nostro ordinamento e tuttavia capace di influenzarlo, come icasticamente evidenziato dall’art. 1, comma 1, della legge 241/1990 che così recita: “l’attività amministrativa persegue i fini determinati dalla legge ed è retta da criteri di economicità, di efficacia, di imparzialità, di pubblicità e di trasparenza…nonché dai princípi dell’ordinamento comunitario”.
La “soft law” si pone, in quest’ottica, come diritto che viene dal basso, per così dire “spontaneo”, parametrato sull’efficienza (economica), in contrapposizione al diritto che nasce dal confronto tra forze politiche che determinano l’indirizzo politico dello Stato, normandone i contenuti, quando si procurano sufficienti consensi per andare al potere.
Nell’età odierna, soggetta a rapidi e radicali mutamenti, non è più concepibile un’attività normativa posta ed imposta esclusivamente dall’alto, ma è fondamentale poter ricucire quel legame tra la societas e lo ius, di cui la legge è solo una delle molteplici espressioni.
Nel XX secolo un approccio “puro” del diritto aveva portato ad identificare la costituzione di uno Stato con il testo costituzionale in senso stretto, collocato in posizione apicale all’interno di una visione fortemente gerarchizzata delle fonti e delle relative norme[32].
E’ fin troppo evidente, per contro, il bisogno di istituti giuridici nuovi che garantiscano, in assenza di puntuali norme legislative o consuetudinarie, una maggiore flessibilità e malleabilità all’ordinamento giuridico, come tali in grado di essere adattati più rapidamente alla continua evoluzione alla quale sono soggetti certi settori (è il caso del diritto commerciale internazionale) o di rendere possibile, in alcuni ambiti, il recepimento, all’interno di uno o più ordinamenti, di best practicesvarate dagli organismi internazionali.
Non è infrequente, d’altronde, che le scelte regolamentari di “soft law”, effettuate dalle autorità di vigilanza preposte ai vari settori, vengano successivamente recepite da atti normativi di organismi internazionali o sovranazionali, quali le direttive dell’Unione europea, che hanno trasformato, attraverso il procedimento legislativo comunitario, regolazioni di “soft law” in atti vincolanti.

Note