2. L’influenza del diritto comunitario

2. L’influenza del diritto comunitario
L’indipendenza quasi totale del sistema comunitario dai sistemi nazionali e specularmente la dipendenza dei sistemi nazionali dal sistema comunitario – considerato che i sistemi nazionali delle fonti sono costruiti su base eminentemente formale, mentre il sistema delle fonti comunitarie non lo è –ha prepotentemente portato all’attenzione il tema della “soft law”, soprattutto in relazione al significato e all’importanza che taluni strumenti di essa hanno ormai acquisito nel diritto comunitario e in via derivata nei diritti nazionali.
Vi sono, infatti, sia settori di competenze in cui i Trattati definiscono gli atti adottabili senza escludere l’adozione di generiche “misure” cui non corrispondono atti tipizzati: così è per la “libera circolazione di persone, servizi e capitali”. Vi sono, poi, settori i cui gli obiettivi fissati nei Trattati paiono raggiungibili unicamente con atti non vincolanti, non definiti se non in relazione al “contenuto” dell’atto e all’indicazione di un “procedimento” da seguire: è il caso dei settori della Cultura, della Sanità, dell’Industria, della Coesione economica e sociale e di molti altri ancora[7].
Il filo rosso che lega gli atti di “soft law”, è l’intenzione di produrre un atto alternativo ad un atto vincolante tra quelli tipizzati nelle fonti del diritto, nella certezza che esso comunque produrrà effetti giuridici.
A tal riguardo, il TFUE[8]mantiene appunto la denominazione tradizionale degli atti giuridicamente vincolanti (regolamenti, direttive e decisioni), le cui ben note caratteristiche vengono ribadite all’art. 288 TFUE, che ripete l’art. 249 TCE[9]. La scelta di adozione di un regolamento, di una direttiva o di una decisione riflette la diversa funzione dai medesimi, a secondo dell’obiettivo di volta in volta perseguito dalle istituzioni dell’Unione.
Perciò gli altri atti creati dalla prassi comunitaria, quali gli atti atipici (regolamenti interni, direttive pareri e raccomandazioni che una istituzione indirizza ad un’altra nell’ambito di un procedimento), ovvero gli atti che non rientrano in alcuna delle categorie di cui all’art. 288 TFUE e che neanche sono contemplati dai Trattati, concretano una “soft law” dell’Unione europea che, però, a differenza della “soft law” del diritto internazionale è costituita da atti che creano un vincolo giuridico preciso.
Tolti i pareri e le raccomandazioni[10], i cui effetti sono direttamente disposti nell’art. 288 TFUE, la rimanente produzione di atti e strumenti che non hanno rispondenza formale nei Trattati viene così legittimata formalmente, pur nel misconoscimento di effetti vincolanti, e non senza ragione, poiché quello che negli ordinamenti nazionali viene considerato un’anomalia[11]- giacché il giurista classico non riesce a comprendere il motivo per cui la categorizzazione degli atti normativi comunitari è effettuata prescindendo completamente dalla componente formale – costituisce, invece, per l’ordinamento comunitario la conseguenza di una certa fluidità nell’assetto delle relazioni tra istituzioni, generatrice di una conseguente elasticità degli strumenti utilizzati per assolvere i propri compiti.

Note